Labari e Gonfaloni

Il Gonfalone (anticamente anche Confalone) fu adottato da numerosi comuni medioevali. È, di norma, un vessillo rettangolare appeso per un lato minore ad un'asta orizzontale a sua volta incrociata con una verticale sostenuta da chi porta il gonfalone (gonfaloniere). In seguito anche Compagnie, Corporazioni e Quartieri adottarono propri gonfaloni.
Oggi tutti i comuni italiani sono rappresentati da un proprio gonfalone con al centro lo stemma comunale. I gonfaloni ufficiali, secondo l'Ufficio Onorificenze e Araldica pubblica del Dipartimento del Cerimoniale di Stato, devono essere «di un metro per due, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma dell?ente, sospeso mediante un bilico mobile ad un'asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell'ente. Il drappo, riccamente ornato e frangiato sarà caricato, nel centro, dello stemma dell'ente, sormontato dall'iscrizione centrata (convessa verso l?alto) dell'ente. La cravatta frangiata dovrà consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali». (art. 5, R. D. 7 giugno 1943, n. 652). Secondo l'attuale prassi le parti metalliche, i ricami, i cordoni, l'iscrizione e le bullette a spirale del gonfalone sono argentate se si tratta di un Comune e dorate per le province e le città.
Il Labaro invece era una insegna militare romana (un vexillum), che veniva utilizzata solo quando l'imperatore si trovava con l'esercito. Era costituito da un drappo quadrato, color porpora e con una frangia d'oro, attaccato a una lancia o a una lunga picca dorata per mezzo di una piccola asta trasversale. Sul drappo anticamente sarebbe stata ricamata con fili d'oro o dipinta un'aquila, simbolo di Giove.
Oggi la parola labaro indica qualunque insegna, di ente o associazione, pendente da un'asta orizzontale come i labari combattentistici delle forze armate.
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